Nella nostra zona a lui sono intitolati strade, libri, e un rifugio alpino.
Famosissima è una sua frase che cita :”Quando verrò a casa, avrò tante cose da dire e mi sfogherò… Ora continuo a compiere il mio dovere come prima e a dare quanto posso per il bene della Patria: spero che questa mia trovi il papà e la Rita reduci dalla loro villeggiatura e contenti. Ricordatemi a parenti ed amici. Baci e saluti affettuosissimi. Vs. Aldo” .
Questa è la storia che scriveva il capitano Arnaldo Berni sulla punta del San Matteo nell’agosto del 1918.
Proprio negli ultimi giorni sul finire della guerra, fu incaricato assieme al suo battaglione di conquistare la punta del San Matteo a quota 3678 m sulle Alpi della Valfurva, il luogo dove si svolsero gli scontri più duri del conflitto ad alta quota della Prima Guerra Mondiale.
Una volta conquistata la cima, il capitano si ritirò in trincea per difendersi, ma purtroppo nella data del 3 settembre del 1918 rimase ucciso dai plotoni austriaci durante il contrattacco, e il cui corpo non fu mai più ritrovato; così il nome di Capitano Berni diverrà il capitano nei ghiacci a cui venne conferita la medaglia d’argento al valor militare.
Il capitano è sepolto ancora oggi insieme ai suoi uomini sul San Matteo, luogo di pellegrinaggio di tanti altri alpini che passano per la commemorazione, non solo durante la giornata dedicata, ma anche nelle normali uscite sci-alpinistiche, e gli vale il nome sul rifugio situato sulla strada del passo Gavia prima di arrivare al vertice a quota 2541, in prossimità del sacrario, dove il signor Mario Bonetta e la famiglia, nel tempo sono stati i custodi del rifugio, delle nevi perenni di quelle cime e di tante battaglie, non solo quelle della guerra, ma della bufera, di un appiglio mancato, di un chiodo che durante un’ascensione si è rotto.
Un monumento vicino alla chiesetta del sacrario, lascia ammutolito il passante, poiché il capitano Berni, giovane mantovano d’istanza in Valtellina, ha lasciato davvero il segno tra la popolazione e i commilitoni e grazie al tenente colonnello Magrin vengono raccolti parole, scritti, cartoline e lettere inviate alla famiglia Berni durante il conflitto, fine a cucirne un libro a ricordo di azioni, sguardi, sentimenti che porta il titolo de “Il capitano sepolto nei ghiacci”.
E così salendo dal passo Gavia transitando comodamente sulla SS 300, si arriva in prossimità del rifugio Berni.
Nell’aria interna del Parco Nazionale dello Stelvio, gestito dalla famiglia Bonetta, è sede di molteplici escursioni raggiungibili sia da Santa Caterina Valfurva che dal versante bresciano di Santa Apollonia; è punto di partenza di ascensioni alpinistiche, con una panoramica mozzafiato sulle grandi cime del gruppo Orteles Cevidale, in particolare dirimpettaio troviamo il ghiacciaio Dosegu e dello Sforzellina.
Da lì partono oltre alla salita alla punta San Matteo, una bellissima salita su un ambiente glaciale, calpestando il palcoscenico protagonista della grande guerra, con una vista sull’intera vallata della Valfurva che vede l’itinerario della traversata delle 13 Cime.
L’anno di nascita di questo rifugio risale al 1933, è dedicato alla memoria del Capitano Berni, ma durante gli anni fino ad oggi ha subito diverse lavorazioni, trasformazioni, per migliorare l’aspetto, e servizi offerti, che ne hanno così aumentato capienza e comodità.
Alcuni piatti tipici valtellinesi, bevande calde, vengono serviti all’interno del rifugio, sede di una grande manifestazione estiva a ricordo dei caduti sul sacrario del San Matteo dirimpettaio a rifugio stesso.
L’apertura e la chiusura di questo rifugio e condizionata dall’apertura e dalla viabilità del passo stesso di conseguenza non c’è mai una data fissa, ma dai mesi primaverili di fine maggio o primi di giugno, in base alle condizioni nevose della strada così come a settembre in base le nevicate e percorribilità della strada.
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