Quando avevo 10 anni, accompagnavo in altura, i ragazzi della contrada, non molto più grandi di me.
A pochi metri di distanza da casa, iniziava già il sentiero che portava al pascolo.
In ogni posto dove ci si fermava, venivano costruite delle capanne di fortuna, scegliendo scrupolosamente gli alberi più consoni a formare un perimetro, spesso di soli 3 lati, sui quali appoggiare il materiale. Avevamo ognuno qualche chiodo, il basamento veniva fatto con i sassi, e da mezzo metro in poi con la legna che si trovava nei dintorni.
Poco fuori il riparo, il cendrè, ovvero il fuoco. Pentole di scarto della famiglia, senza un manico, o con la bachelite cotta, fungevano da mezzi salvavita.
La prima cosa che si faceva, una volta arrivati, era la raccolta dell’erba del timo col quale si preparava il te. Messo il pentolino claudicante sul fuoco, a bollitura si gettava il fiore rosato per fare l’infuso. Coi fazzoletti di cotone, si procedeva poi alla filtrazione.
Le più grandi ed esperte del gruppo, preparavano la pasta. I fusilli Agnesi per il poco tempo di cottura, considerando i 2000mt d’altezza, erano i più funzionali e poi il mitico ragù Star, il primo in lattina e l’immancabile scatoletta di tonno col il tozzo di pane raffermo abbrustolito dal fuoco.
Il te veniva sostituito a giorni alterni dalla frizzina..
Oggi, in camminata, un residuo di un “baitel” riemerge da una sassaia..ed io sono tornata piccola piccola..
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