Sono le 17.00… il tramonto infreddolisce improvvisamente l’ambiente.. nuvole bianche di vapore escono mentre cerco di scaldarmi le mani raggiungendo il punto di incontro con Cristian..
Nessuno in giro, sembra un luogo a se.. Santa Caterina, termometro che segna -10 ma se ne percepiscono ben di più..
Due fari sulla pista da sci, il classico suono del gatto delle nevi che scende..
Una stretta di mano, un aiutino per salirci sopra, un piede sulle lame addentate e fredde, e un ambiente caldo all’interno..
Le ombre scendono, due motoslitte degli addetti agli impianti rientrano e noi si gira il muso del potente mezzo verso la salita, la prima tra l’altro già bella irta..
Siamo sulla pista Deborah Compagnoni, con un cielo blu che si svela mentre si sale, e si aggirano le dune di neve del terreno..
Gli impianti sono chiusi e solo salendo si vedono, mentre pian piano il buio arriva, le lucine dei cannoni sparaneve in azione.
E io stupita, chiedo al povero addetto, cos’è questo…. cos’ è quello…lui abituato a se stesso, nel silenzio della notte, solo con la radio in sottofondo e qualche collega che ragguaglia sulla situazione…risponde con cortesia.
Non ci sono corsi per imparare a guidare un gatto, si impara..
L’esperienza si tramanda sera dopo sera, tra i ragazzi.. Non fa freddo in cabina, e a dominare sono le luci della consolle e del quadro dove si vedono i comandi che solo l’occhio esperto distingue tra il baffo-lama anteriore che sposta la neve- e il joystick e la fresa (posteriore) che, azionata, ammorbidisce la neve e che dà alla pista quella classica forma a righe.
La luce cala, e noi si sale e scende per diverse volte sullo stesso tracciato, con tratti pendenti fin oltre il 70%. Serve (a me passeggero) puntellare i piedi per non spicciarmi sul vetro anteriore, sotto le risa di Cristian..
La pista non viene trattata da giorni, delle gare che si sono disputate in settimana, hanno richiesto che non ci fosse la battitura, pertanto i dossi fatti dagli sciatori sono diversi, e alle volte si ha la sensazione d’essere sulle onde in mezzo al mare; il mezzo si adatta alle sconnessioni, le sistema, l’ appiattisce e tutto torna liscio e livellato.
Aspetto la luna, ma da dove siamo, arriverà più tardi, e poi si cambia giro, tra uno squillo dei ragazzi su altre piste e una canzone alla radio.
Le condizioni della neve danno prestazioni diverse anche al mezzo, quella fredda e dura del periodo, fa scorrere meglio il gatto rispetto a quella impastante della primavera.
Nella preparazione di piste con pendenze ripide viene utilizzato il verricello, di cui il gatto è dotato, e la cui fune si aggancia a monte del pendio, spesso ad una pianta o ad un traliccio.
Esso serve sia per dare maggiore sicurezza a chi guida, sia per rendere il mezzo più facile da manovrare in salita durante lo spostamento di masse nevose con la lama, aumentando così la stabilità del mezzo, evitando scivolate sulle forti pendenze e aumentando la potenza per spostare la massa di neve con la lama anteriore.
Le luci rosate del tramonto hanno lasciato il posto alle tenebre, e la skiarea di Santa Caterina, coi suoi 35 chilometri lineari di piste, vede però superfici molto vaste in larghezza, quindi le ore di lavoro sono davvero tante per i sei ragazzi che passano lì le loro serate.
In lontananza, i paesi visti da una prospettiva inusuale e pian piano la luna che arriva alle spalle.
Alle volte dice Cristian l’incontro con qualche lepre o cervo che rende movimentata la serata.
Altri inconvenienti sono dati da eventuali rotture dei mezzi, a cui ogni ragazzo cerca poi di riparare, essendo danni conosciuti, forti dell’esperienza, li ha portati a saper dove mettere le mani, allungando però i tempi di battitura delle piste…fare manutenzione regolare, è il segreto affinché questi inconvenienti siano contenuti.
Quando c’è la sciata notturna sulla pista Deborah Compagnoni ( a Santa Caterina il giovedì http://www.santacaterina.it/it_serv_news_eventi_dett.aspx?PROG=2&ID=132 )
si fa il percorso subito alle 17.00 a chiusura impianti e alle 23.00, al termine, mentre quando nevica, spesso si inizia all’alba per permettere agli sciatori di avere le piste praticabili.
Alle 19.30 pausa cena in un rifugio, dove tutti si ritrovano parcheggiando i luminosi mezzi, e tra un boccone e l’altro, si verifica che il piano lavoro del giorno sia rispettato ed in linea coi tempi.
Un’oretta e via, nel buio della notte, coi cingoli che potenti lasciano solchi nel terreno; un’occhiata allo specchietto retrovisore per verificare tutto sia come dev’essere, il combaciare della scia tra un passaggio e l’altro.
Le ore si susseguono, la skiarea prende la forma desiderata, ognuno sul proprio mezzo, dove si lasciano viaggiare i pensieri, idee, speranze che solo le montagne conoscono…
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