La leggenda del pugno di Gesù Bambino e dei boscaioli
Come racconta un’antichissima leggenda narrata nell’articolo “An pit de Mazz”, nel ciclostilato “Quaderni Valtellinesi” (1978), un giorno di un tempo lontano un gruppo di boscaioli intenti a strappare alla montagna un po’ di legname, nei boschi sopra Vione, in comune di Mazzo in Valtellina, furono coinvolti in un evento miracoloso. Stavano lavorando lungo il difficile e pericoloso pendio di quello che venne poi chiamato “Crap de ‘l Sant”, un canalone ripidissimo che precipita, con un salto di duecento metri, sul fondo della cupa valle Carogna. Lavoro difficile, pericoloso. Molte piante andavano perse. Fatica e tensione crescevano. Ci scapparono, quindi, alcune bestemmie. Passava di lì il diavolo, che le udì. Pensò subito di approfittare della situazione. Il diavolo è sempre a caccia di anime da trascinare all’inferno, e sa bene che tutte le anime di coloro che muoiono in peccato mortale sono sue per l’eternità. La bestemmia è un peccato mortale, ed allora quel giorno egli architettò un piano davvero diabolico: far morire gli incauti bestemmiatori, e portarsi via, con un sol colpo, un bel po’ di anime.
Si trovava proprio sul ciglio del canalone, ed afferrò una grande roccia, la sradicò dal fianco del monte e si accinse a scaraventarla sugli ignari boscaioli. Ma il buon Dio, che dall’alto dei cieli vede ogni cosa, ebbe pietà per quegli uomini che l’avevano, sì, offeso, ma potevano essere perdonati per l’improba fatica cui erano costretti ogni giorno, e che non meritavano una fine così triste. Pensò che quella buona gente si sarebbe pentita per le bestemmie, e che non dovesse, quindi, morire in peccato mortale. Mandò, allora, ancora una volta il suo figlio, il Bambino Gesù, perché salvasse la vita e le anime dei poveri boscaioli.
Scese, dunque, di nuovo Gesù Bambino sulla terra, questa volta senza il preannuncio della cometa. Scese fulmineo e il suo piccolo pugno onnipotente, posto sul masso, lo fermò, prima ancora che il diavolo avesse il tempo di scagliarlo giù per il vallone. Il masso fu riconsegnato al cuore della terra, perché rimanesse, saldo, senza fare del male a nessuno, e perché conservasse il segno di quanto accaduto, in modo che gli uomini potessero vedere e toccare con mano i miracoli della bontà del Signore. Ebbero modo di vedere e toccare, per primi, gli stessi boscaioli: si accorsero che qualcosa di grande era accaduto sopra le loro teste e fecero in tempo ad udire le imprecazioni del diavolo che se ne dovette fuggir via con la coda fra le gambe, lasciando dietro di sé un gran puzzo di zolfo. Risalirono, dunque, velocemente il canalone, fino al suo ciglio.
Gesù Bambino non c’era più, ma i segni del suo intervento miracoloso erano rimasti impressi nella roccia. Ringraziarono il cielo, fecero il solenne proposito di non offenderlo più con le parole e narrarono a tutti i vionesi quanto era accaduto. Da allora il dirupo venne chiamato “Crap de ‘l Sant”, cioè precipizio del Santo, perché Gesù è il Santo per eccellenza, il tre volte Santo (Trisagio). A ricordo dell’evento venne poi collocato, nei pressi, un crocifisso, il “Signùr de ‘l gos”, che ancora oggi si può vedere, e venne costruita una piccola cappelletta. Questi segni dovevano ricordare a tutti non solo la bontà del Signore, che interviene per salvare le anime, ma anche l’insidia del diavolo, che è sempre in cerca di anime da sorprendere nel peccato per portarsele con sé all’inferno. Quell’inferno che assomiglia tanto alle paurose fauci della val Carogna, che qui sembrano spalancate e pronte ad inghiottire gli uomini. Ed è rimasto il detto, fra gli abitanti di Vione, “van sü a tral de ‘l crap de ‘l Sant”, cioè scaraventalo giù dal crap de ‘l Sant, con riferimento a qualche nemico che non si può più sopportare.
Fonte: http://www.paesidivaltellina.it/gesubambino/index.htm
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