Tempo d’autunno: giorni di uva, di mele e di castagne
Quando frequentavo le scuole elementari, nella classe quarta e quinta, avevo un severo ma validissimo maestro, la cui stima si manifesta ancora ai giorni nostri, avendo insegnato a me, mio marito e ai miei 2 figli!
Aveva la buona abitudine di riservare l’ultima mezz’ora di ogni lezione alla lettura di libri per i ragazzi. Diversi sono stati quelli trattati in classe, ma uno venne preso veramente alla lettera da un gruppo di noi alunni; si trattava infatti dei “I ragazzi della via Pál”.
Cosicché nella nostra classe formata, se non erro da 15 /16 elementi, 5 di noi si unirono nella banda. Eravamo quelli che abitavamo più in periferia rispetto alla scuola, quelli che spesso restavano appiedati dal servizio di linea delle corriere, poiché in punizione o perché quei 5 minuti del dettato incompleto ci facevano tardare; quelli che conoscevano i nomi più strani dei sentieri, delle scorciatoie che ci portavano al palazzo scolastico.
Ebbene, per due anni prendemmo l’abitudine di andare a fare la castagnata.
La località scelta era all’inizio del bosco in località POZZ DEL LINN, così definito poiché una volta si diceva che c’era la fuoriuscita del limo da parte del fiume, creando una zona paludosa a rischio per le nostre scarpe! Una volta arrivati nel posto segreto che di segreto non aveva proprio nulla, si procedeva con la costruzione del cendrè: una volta recuperate le pietre messe alla bell’e meglio in circolo per sostenere la pentola bucata, si andava poi alla ricerca della legna. Spesso, l’inizio autunno segnava giornate uggiose e quindi bisognava selezionare la legna che fosse più asciutta, affinché le braci ardessero e facessero cuocere le castagne.
Ognuno di noi portava una manciata di frutti, un altro la pentola, un altro i fiammiferi o l’accendino e la carta e poi tanta allegria.
Solitamente il fuoco si realizzava vicino a dei capanni dismessi che venivano utilizzati durante le giornate estive della pastura, davano un senso di “casa”, il famoso BAITEL di cui nel blog abbiamo già parlato.
Una volta preparata la legna si procedeva poi con l’accensione del fuoco. Giornate di vera fortuna vedevano accompagnate le preziose castagne anche con qualche goccio di latte furtivamente rubato dalla cambusa di casa. Nel mentre che le castagne procedevano nella cottura, e uno di noi rimestava e controllava che non bruciassero senza cuocere, il resto del gruppo si divertiva giocando a nascondino, a guardie e ladri, simulando proprio gli episodi che nel libro de i ragazzi della via Pál, ci venivano letti e interpretati dal nostro maestro.
Il bello delle castagne cotte sul fuoco vivo era che lasciavano quel tipico colore carbonella sulle dita, spesso con i gusci o i rami pressoché spenti, si facevano dei simpatici disegni, dei geroglifici su sassi particolarmente grandi e piatti, segni che con la prima brina dell’indomani sarebbero stati cancellati.
Il cielo non era particolarmente sereno coi toni grigiastri dell’autunno, il bosco faceva intravedere le betulle che stavano cambiando i propri colori, dando un aspetto prettamente cupo a tutto il bosco; le mani gelate e i primi coli del naso erano tipici segni che le stagioni fredde arrivavano. Erano i giorni nei quali appena iniziata la scuola, ci si confrontava e raccontava sul come si fossero passate le vacanze estive, dato che ognuno di noi aveva una propria destinazione e mansione nelle vallate e sulle malghe dove si trascorreva l’estate.
E così una volta terminate le castagne, i gusci venivano bruciati all’interno del nostro cendrè, con le mani annerite ai polpastrelli, si rientrava mestamente a casa.
Già si percepiva dalla luminosità del giorno che l’orario era quello di rientrare, non si faceva più tardi come accadeva appena nei 15 giorni precedenti.
Nel rivedere le castagne ancora chiuse nei propri ricci in questi giorni di inizio ottobre, il ricordo va a questi semplici gesti compiuti in amicizia e anche in fiducia da parte dei genitori che ci lasciavano andare tranquillamente a scampagnare nel bosco, con tanta nostalgia rispetto ai giochi e ai legami semplici e forse più sinceri in quei giorni dove la condivisione della quotidianità era veramente all’ordine del giorno, sostituita oggi da altre situazioni più moderne e tecnologiche..
Un grazie al mio maestro, l’amore per la lettura e la scrittura, forse me l’ha trasmessa lui.
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